LARA DEL AOR – Présence de la transparance – A cura di Claude Schweisguth | dal 09.11.2013 AL 14.12.2013


La creazione di linee, forme, colori nell’ambito di rapporti e proporzioni sempre rinnovati è sicuramente uno degli scopi della pittura dall’inizio del ventesimo secolo, siccome il soggetto non è più una necessità. Si parla ora di plasticità pura, di minimalismo, di non oggettività del mondo, di arte concettuale, di segno o di scrittura, ma nessuno di questi termini può definire l’opera di Del Aor…che si proietta immediatamente sull’essenziale, o, secondo la definizione di Mondrian, sul senso del reale interiore. Nessuna necessità di teorie – nonostante Del Aor sia una brillante mente matematica – solamente, forse, un soffio d’oriente, dove ha vissuto a lungo. Quanto agli artisti che Del Aor ammira maggiormente possiamo menzionare Ellsworth Kelly e Agnès Martin, l’uno più formalista e l’altra più spirituale e intangibile, due grandi tendenze dell’astrazione con la gestualità.

Alla mia prima visita presso l’atelier di Del Aor, fui subito colpita da un piccolo dipinto che mi apparve da un angolo della stanza: una ragazzina senza volto e dipinta di un nero profondo, con le braccia spalancate e che sembrava correre non si sa dove su un fondo giallo vivo cosparso di tracce dorate. La figura della ragazzina era appena abbozzata, ma al tempo stesso solidamente fissata allo sfondo: emanava qualcosa di irresistibilmente forte, avendo l’aria di venire da altrove. Il titolo era grazioso: “Pelouse”- Prato. Il dipinto era apparentemente molto semplice, come il disegno di un bambino, ma sprigionava un qualcosa di misterioso e di magico, simile alla sensazione che si prova di fronte alla pittura preistorica, con le sue figure stilizzate. Ho poi scoperto altre piccole tele con trame di quadrati, di cerchi, che, nonostante la loro regolarità, erano anche fluidi, per l’effetto di prospettive pressoché impercettibili, e parevano muoversi verso spazi sconosciuti. Si può dire che tutta l’opera di Del Aor fosse là, rappresentata da quei piccoli dipinti.
Del Aor fa liberamente uso di vari formati, con una predisposizione per le piccole tele, una tendenza insolita al giorno d’oggi. Questi piccoli dipinti non sono delle bozze, ma sono piuttosto punti di partenza pieni di vivacità, dotati della libertà e della definizione conferite dal piccolo formato. Del Aor riesce a mantenere spontaneità e freschezza anche nei grandi formati, servendosi della propria sensibilità, affidandosi alla propria mano e non a compasso o riga. Nulla è calcolato, ma comunque tutto risulta esatto, risuona, nel senso inteso da Kandinsky.
L’elaborata armonia che si percepisce nell’opera di Del Aor, è ricca e complessa, fondata anche sulla dissonanza. L’artista gioca con i contrasti tra il grande e il piccolo, come nelle tele in cui minuscoli punti interrogativi danzano in un movimento perpetuo, tra vicinanza e lontananza (“Allumer les étoiles”, “le Pas du Sage”), tra leggerezza e pesantezza per dare forma a vaghe figure geometriche con linee estremamente fini (“Poser le Vent”). La polvere d’oro, con la sua luce cangiante, rinforza la loro presenza, la loro espressività, e il vuoto si accorda perfettamente con il pieno.
Per contrasto, l’intensità e la forza del colore donano una vera profondità allo spazio e conferiscono vita e sensualità alla materia. Le tele di Del Aor appaiono lisce, appena sfiorate dal pennello, ad opera di una laboriosa accumulazione di strati posati delicatamente uno dopo l’altro. Lo sguardo è stuzzicato e si perde con gioia in arancioni, rossi, viola, verdi…nessun colore fa paura a Del Aor perché ciascuno trasmette una vibrazione unica.
Recentemente Del Aor ha deciso di non limitarsi alla superficie piana, di eliminare anche quel poco di segno rimasto per lavorare nella dimensione del volume. Si tratta però di volumi trasparenti: piccole corone o piccole aureole realizzate in plissé di organza e posate delicatamente su basi d’oro (“Opiumissime”). Ci sono anche fiori che prendono il volo come farfalle, una colomba della Pace che ci sorvola con il suo rosa tenero…

Si potrebbe dire che Del Aor sia giunta a una forma di assenza di gravità, che è anche Grazia, attraverso i mezzi più semplici, come un haiku ? Claude SCHWEISGUTH Curatore onorario